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L’ascesa del Neuromarketing e la relativa incidenza nell’affermazione dei brand

Perché un consumatore sceglie di acquistare un prodotto anziché un altro, soddisfacente allo stesso modo e a minor prezzo?

Partiamo dal concetto di Neuromarketing, termine coniato nel 2002 da un professore dell’Università di Rotterdam, Alex Smidts.

Questa branca della psicoeconomia capta il passaggio dall’impatto emozionale dell’uomo dinanzi ad un prodotto/marca/pubblicità, al successivo acquisto.

Il Neuromarketing nasce dall’unione del Marketing e le seguenti scienze: Neurologia e Psicologia.

I ricercatori confermano che gli esseri umani scelgano seguendo l’istinto, per cui dinanzi ad un prodotto attraente, spesso non riusciamo a dire no.

Eppure, oltre al fascino intrinseco del prodotto, ciò che cattura l’attenzione è il brand e ciò che ruota intorno ad esso: logo, pubblicità cartacea, spot, advertising online e presenza social. Tali elementi consentono alle aziende di testare e ottimizzare gli annunci prima del lancio, secondo il feedback dei consumatori.

Dunque, bisogna creare una brand image, attraverso i concetti di: affidabilità, valore, qualità. In questo modo, si innesca un processo di Lock in, per il quale i consumatori ritrovano una propria identità nel marchio, convincendosi che: brand di successo = prodotti migliori.

Analizziamo due casi pratici che esaltano, a distanza di anni, la dipendenza tra Neuromarketing e la riuscita del brand.

1975: Pepsi Challenge test.

Read Montague, uno dei primi neuroscienziati a realizzare uno studio in ambito di Neuromarketing, si servì di 67 volontari, a cui diede due bicchieri, impossibili da distinguere tra loro, contenenti rispettivamente Pepsi e Coca Cola. Stando ai risultati, la maggioranza ha asserito di preferire la Pepsi, pur non sapendo inizialmente di quale bevanda si trattasse. Allorché venne chiesto loro se avessero bevuto Pepsi o Coca Cola, quasi tutti credettero di aver bevuto quest’ultima. Ciò avvenne perché la brand image della multinazionale Coca Cola aveva avuto un grande impatto sulla percezione dei consumatori.

2018: the Clan of Versace.

In un’era in cui il margine tra vita reale e virtuale diviene sempre più labile, è fondamentale, per ottenere una brand recall, fare dei Social media un’arma per conquistare i consumatori, anche condividendo temi sensibili per essi.

Nella campagna del 2018 dal titolo “The Clan of Versace”, si affronta un tema particolarmente caro ai Millennials: l’inclusività, ovvero la necessità di essere rappresentati ed ascoltati.

Gli outfit rappresentano il mondo della maison della Medusa. I video, clamorosi sui social, giocano con la pronuncia corretta “Versace”, mentre, tra gli scatti, compare la più lunga immagine pubblicitaria di sempre.

Il brand afferma in un tweet: “Questa immagine realizzata con 54 modelli è una vera rappresentazione di un clan che incarna tutto quello per cui Versace si batte – la diversità espressa insieme all’innovazione”

Inoltre, un post Instagram di Gigi Hadid, modella internazionale, ha ottenuto da solo quasi un milione di like.

Abbiamo analizzato due marchi di successo sotto due punti di vista:

Il primo attraverso un confronto tra brand ed il secondo attraverso un’ottica più moderna, basata su uno sviluppo Social.

A tal proposito, non ci resta che chiederci: in futuro quali saranno i meccanismi che permetteranno agli imprenditori di “guardare” nel cervello dell’uomo, per “ipnotizzare” i consumatori?

                                                                                    Maria Marandola

                                                                     Associato in prova Area Marketing.

Mauro Campus