Red Bull: in Formula 1 grazie a della spazzatura.

La Red Bull è l’esempio perfetto di come del marketing geniale possa portare un’azienda con un singolo prodotto a fatturare oltre 6,067 miliardi di euro (2019). 

La Red Bull nasce nel 1982, quando un uomo di affari dal nome di Dietrich Mateschitz, a seguito di un volo Vienna-Bangkok, riesce a sconfiggere gli effetti del fuso orario grazie ad una bevanda energetica locale il quale nome tailandese si traduce in “toro rosso”. Al suo ritorno in Austria Dietrich tentò di riproporre la bevanda ad investitori locali i quali non credettero né in lui né meno che mai nel prodotto, il quale sarebbe stato difficilissimo da collocare all’interno del mercato. Dietrich, con l’aiuto del proprietario della bevanda Tailandese, decise quindi di creare un nuovo mercato in Europa nel quale collocarsi: quello delle bevande energetiche. Dopo aver finalizzato il gusto della bevanda, il prodotto finale venne lanciato localmente nel 1987 con un successo iniziale di oltre un milione di vendite nel primo anno. 

Alla ricerca di espansione, la Red Bull sbarcò nel 1994 in Inghilterra dove trovò un mercato più competitivo. La carenza di domanda del prodotto incentivò l’azienda ad investire la maggior parte del capitale a disposizione nel marketing in un epoca in cui la pubblicità costava molto e rendeva poco. Ma come si fa a pubblicizzare un prodotto appartenente ed un mercato inesistente? Il team marketing di Red Bull decise quindi di manipolare la percezione del loro target creando una finta domanda di prodotto con una strategia di marketing ora nota come il “trash can marketing”. 

Dopo aver individuato il target ideale per la bevande energetiche ovvero giovani energetici tra i 18 e i 30 anni di età, la Red Bull iniziò a riempire i bidoni della spazzatura londinesi fuori dai locali con lattine vuote del loro prodotto. Oltre ai bidoni della spazzatura vennero riempiti i tavolini delle discoteche, banconi dei bar e cestini di eventi sportivi. Questo creò nel target il fenomeno psicologico noto in inglese come FOMO (fear of missing out), definito dall’accademia della Crusca come la  ‘paura di essere tagliati fuori, estromessi da un evento o un’esperienza piacevole’. Questo portò ogni individuo a credere di essere “l’unico a non averla ancora provata”. La domanda aumentò drasticamente. In economia questo effetto è anche noto come effetto carrozzone o istinto di gregge che, in questo caso, risultò particolarmente efficace grazie alla giovinezza e curiosità del target.

Negli anni la Red Bull continuò ad incrementare gli investimenti nel marketing, ispirando diverse aziende (quali la Monster) e stravolgendo il mondo del content marketing. Grazie alla loro produzione mediatica e atleti sponsorizzati riuscirono a trasmettere storie ed emozioni rimpiazzando la tecnica di storytelling con quella di Story Performing, portando i milioni di spettatori ad associare i meriti delle fantastiche performance di atleti Red Bull alla bevanda energetica. Un esempio di questo è Felix Baumgartner, paracadutista e daredevil Austriaco il quale grazie alla Red Bull riuscì nel 2012 a battere il record mondiale di paracadutismo lanciandosi dallo spazio. Lo stunt costò oltre 50 milioni di dollari ma il guadagno è stato stimato essere circa 6 miliardi di dollari (tra vendite mediatiche e prodotti venduti grazie al marketing).

Grazie a queste strategie di marketing innovative la Red Bull arrivò nel 2019 a vendere 7,5 miliardi di lattine: una lattina di prodotto per ogni persona sulla terra, gestiscono due squadre di Formula 1, cinque squadre di calcio ed una squadra di Hockey su ghiaccio, per non parlare di tutti gli atleti ed eventi che sponsorizza. Le strategie marketing Red Bull avrebbero messo le ali a qualsiasi prodotto.

Lorenzo Terrone, associato area Marketing.

IT Manager