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Gli effetti psicologici della guerra nell’epoca contemporanea

La guerra non è altro che una lotta armata generata da un contrasto fra Stati o coalizioni, per la risoluzione di controversie ideologiche, politiche, economiche. Ancor prima di essere conflitto, la guerra è un concetto, un timore, un’idea estremamente astratta e vaga. Un qualcosa di paradossale, che sembra così lontano dalla nostra realtà da apparire surreale e quasi impossibile. Coloro i quali combattono sono sicuramente coraggiosi, forti e audaci. Ma sono anche, e soprattutto, esseri umani con una mente e una psiche che possono essere facilmente alterate. Quando la guerra scoppia, si insidiano nell’uomo due emozioni principali: la paura primordiale della morte e il senso di impotenza. Le vite si stravolgono e i bisogni della piramide di Maslow si ribaltano: l’unico bisogno percepito è quello della sopravvivenza.

Il conflitto bellico, a prescindere dalla sua durata e dalla sua entità, genera traumi a livello mentale e danni a livello cerebrale. Il caso storico più eclatante è la Prima Guerra Mondiale, il primo vero contesto dal quale si poté provare la nascita delle malattie mentali associate alla guerra. All’epoca, però, i danni psicologici venivano trattati con superficialità, sia perché la società era profondamente diversa, sia perché la psichiatria era una branca medica ancora agli albori. Le prime informazioni sui danni psicologici risalgono al 1915, quando venne coniata l’espressione “Shell-shock” (in Italia conosciuta come il “vento degli obici”). Si trattava di una costellazione di disturbi di vario tipo; problemi cognitivi e di memoria, insonnia, forte depressione. I soggetti una volta tornati dalla guerra erano irriconoscibili e apparivano come dissociati dalla realtà. Solo nel 1980 si iniziò a parlare di disturbo post-traumatico da stress (PTDS). 

Ed ora, tutto ciò potrebbe ripresentarsi. Quello che sembrava così lontano e impossibile sta avvenendo proprio ora vicino a noi. Nel 2020 la pandemia da Coronavirus e i numerosi lockdown hanno lasciato segni abbastanza visibili sulla nostra salute mentale e tutto ciò, associato ad un conflitto, avrà delle conseguenze disastrose sulla psiche degli individui. Le implicazioni psicologiche ricadranno su coloro che vivono personalmente l’accaduto, in questo caso la popolazione ucraina. A seguire, i soccorritori, i volontari, i giornalisti o altri che sperimentano lo stress e il trauma di trovarsi per lavoro in un luogo pericoloso per la sopravvivenza. Infine, ci sono i soggetti che anche se distanti geograficamente, vengono posti sotto pressione dallo scenario di guerra. Gli “spettatori” subiscono il peso del conflitto poiché esso mina i valori di libertà e di progresso, concetti ormai consolidati e considerati essenziali nonché irrinunciabili. La vicinanza all’Ucraina genera un “sovraccarico cognitivo”, fenomeno per il quale si riceve o ricerca una quantità eccessiva di informazioni, così da perdere la lucidità e da sentire il peso psicologico della guerra.

Non conosciamo per certo le conseguenze che una guerra potrebbe avere sulla società contemporanea, poiché il background in cui ciò sta avvenendo è completamente diverso dal passato. Ciò che sappiamo è che lo stress psicologico della guerra ci interessa in prima persona, poiché ci mette di fronte ai nostri limiti e alla fragilità del nostro equilibrio. Il “nostro Occidente”, considerato come un posto sicuro, come una fortezza indistruttibile, è stato ormai compromesso. 

Sara Nisi, associata in prova Area HR

Elena Morelli