China Evergrande: il crollo del gigante

L’impronta del settore immobiliare cinese è diventata così grande che un suo rallentamento avrebbe un impatto significativo sulla crescita complessiva del paese”. Così l’economista Kenneth Rogoff, in un suo commento pubblicato sulla piattaforma VoxEu il 21 settembre scorso, ha analizzato la crescente incidenza del mercato immobiliare sull’ economia della Cina. 

A partire dalla riforma fiscale del 1994, l’edilizia abitativa è diventata uno dei principali propulsori dell’economia cinese, arrivando a rappresentare negli ultimi anni quasi il 30% del Pil del paese. Ma le difficoltà finanziarie, che nelle ultime settimane stanno affliggendo la holding Evergrande, colosso dell’economia del dragone, rappresentano un campanello di allarme per la crescita dell’immobiliare e per l’economia nel suo complesso.

Procediamo con ordine: chi è Evergrande e di che cosa si occupa? China Evergrande è una delle società specializzate nello sviluppo immobiliare più grandi della Cina, con oltre 200.000 impiegati ed un indotto di 3,8 milioni di posti lavoro. A causa degli ingenti prestiti richiesti per finanziare le diverse attività, è diventata tra le più indebitate del paese, essendo esposta per oltre 300 miliardi di dollari. Il rischio di default incombe: le sue azioni dall’inizio del 2021 hanno perso l’85% del loro valore, conseguenza delle difficoltà riscontrate dal gruppo nelle vendite di immobili e della drammatica crisi di liquidità in cui versa.

Ma cosa è che ha accelerato in maniera drastica tale crisi? La risposta può essere ricondotta ad alcune direttive adottate del Governo centrale nel 2020: tre “linee rosse” che stabiliscono, tramite criteri di prudenza finanziaria, se gli sviluppatori immobiliari possano accedere a nuovo credito sulla base del loro indebitamento complessivo e della loro solvibilità a breve termine. 

Già nel 2017, il presidente Xi Jinping aveva affermato che “le case servono per viverci, e non per specularci”. Con le nuove regole, quindi, Evergrande non può più vendere immobili prima che essi siano formalmente costruiti, e, non riuscendo ad accedere a nuovo credito per ultimare le costruzioni, di fatto tutto il comparto immobiliare si è bloccato, generando reazioni a catena fino al crollo del titolo.

Diversi ed imprevedibili gli scenari ed i rischi possibili per la Cina e per gli altri paesi. Se il Governo decidesse di salvarla, manderebbe un messaggio contrario alle nuove linee guida e a tutto il settore immobiliare il quale, si trova in una situazione abbastanza simile a quello di Evergrande. D’ altra parte, il fallimento di una società di questo calibro potrebbe avere ripercussioni catastrofiche sulle borse e sul sistema bancario cinese, trascinando con sé l’intero comparto edilizio. Si verificherebbe un crollo della domanda delle abitazioni, mettendo a rischio tutte le strutture come banche, società finanziarie, assicurazioni e fornitori, che hanno imponenti esposizioni di credito verso la Holding. Da non escludere la possibilità che si innesti una crisi sociale di portata non prevedibile, che il Paese non può ovviamente permettersi. Fuori dai confini cinesi, un fallimento sarebbe inoltre disastroso per società come Amundi e Ubs, entrambi detentori di milioni di bond del gruppo.

Lo scoppio di una bolla immobiliare potrebbe far sentire a lungo le sue conseguenze. La Cina non può permettersi un default disordinato di un colosso come Evergrande, ed è quindi presumibile che stia già lavorando per limitare il rischio di una propagazione rapida e diffusa.

Emanuele Gennarelli, Associato Senior, Area Consulenza d’impresa

Livia Lamaro