Processi televisivi: pedagogia giuridica o spettacolarizzazione indecente?

Il processo pubblico nasce al fine di evitare processi segreti, rendendo noto ai cittadini il procedimento che antecede la condanna. Inizialmente, si lasciava aperta la partecipazione lasciando che gli interessati entrassero in aula ad assistere; è dalla fine del secolo scorso che l’idea è diventata più vasta, permettendo ad un pubblico sempre più vasto di assistere, dal comodo divano di casa propria, alle vicende che si svolgono in un’aula di tribunale. L’idea di poter trasmette in televisione una faccenda così delicata, però, è ancora molto discussa. Ad oggi gli studiosi si sono interrogati sull’influenza che questo fenomeno ha sugli spettatori, sulle parti del processo e, soprattutto, sull’ordinamento giuridico generale su cui i processi stessi si poggiano.

A favore di tale fenomeno è sicuramente l’ordinamento statunitense, tra i primi a garantire questo tipo di accesso ai suoi cittadini, rendendo pubblici i processi che interessano maggiormente i telespettatori. A sostegno della tesi vi è l’idea che, rendendo noto lo svolgimento di un processo, i cittadini possano avere più fiducia nel sistema, nell’utilizzo delle corti giudiziali e che i crimini diminuiscano. L’idea è che, tramite i processi in diretta televisiva, nasca nei cittadini la sicurezza che i tribunali lavorino e che siano giusti, allo stesso tempo dipingendo i criminali in luce ancora più negativa rispetto all’immagine già scura derivante dall’opinione pubblica. Alla base, quindi, vi è proprio la convinzione che, tramite questo metodo di diffusione di massa, i cittadini si sentano maggiormente coinvolti nell’amministrazione della giustizia. Lo stesso motivo che ha spinto l’Italia, alla fine del XX secolo, a mandare in onda il Maxiprocesso contro la Mafia, o i processi di Tangentopoli. A confermare questa ipotesi, alcuni studi, apportati su piccoli gruppi, hanno registrato un’incrementale conoscenza dell’ordinamento giuridico nei soggetti che hanno assistito a processi in diretta TV. Ad accompagnare questi dati positivi, lo studio ha reso nota anche la crescente delusione degli spettatori, che denunciavano la lentezza, lunghezza e i tecnicismi dei processi, bollandoli come ‘noiosi’.

Ad alimentare questa convinzione sono i programmi televisivi ambientati nelle aule di tribunale, in cui i processi sono svelti, divertenti e brevi; tranello in cui cadono in molti. Questo ha finito per contaminare anche l’intero processo della messa in onda dei processi, rendendoli delle copie più realistiche delle serie TV seguite dal pubblico al fine di accrescere la popolarità di determinati canali televisivi. Si può infatti notare come, negli ultimi anni, i programmi statunitensi che trasmettono processi in diretta TV siano aumentati in maniera esponenziale, arrivano anche a diffondersi su diversi social media.

Inoltre, bisogna tenere presente come questi programmi tendano ad influenzare molto l’opinione pubblica, aizzando i cittadini contro il convenuto e facendo spettacolo della sua vita. Molti programmi, soprattutto quando si tratta di processi penali, si concentrano sulla sua figura, seguendola per l’intera durata del processo. Nella mente degli spettatori, questo aumenta la convinzione di colpevolezza del soggetto e contamina il principio costituzionale dell’‘innocente fino a prova contraria’, finendo per convincere i cittadini, a priori, della colpevolezza dell’imputato.

Il rischio maggiore, comunque, rimane quello di influenzare la giuria ed i testimoni. Con un’opinione pubblica così fortemente affermata, telecamere puntate su di sé, il rischio è elevato. Molti studi hanno infatti rilevato come questo fenomeno porti a dare spettacolo di sé, quasi si trattasse di un provino cinematografico o come se le parti fossero star televisive, finendo per trasformare il processo in un grande spettacolo. Basti tenere presente il caso Depp vs Heard, in cui anche gli avvocati erano tenuti sotto il mirino del pubblico, finendo per diventare popolari e protagonisti dei feed di tutti i social media. Il rischio è proprio che, in questo modo, non si abbia solo una contaminazione del processo, ma che si vada anche a  ridicolizzare l’intero sistema.Il problema fondamentale rimane proprio la fragilità, la debolezza e l’estrema malleabilità della mente umana e, soprattutto, la voglia delle big corporation di profittare proprio da questo. E come tutto, il fenomeno rimarrà in crescita finché lo vorrà il pubblico.

Flavia Gatti, associato in prova Area Legale.

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