Panama Papers: quando una fuga di capitali diventa una fuga di notizie.

Avete mai sentito parlare dello scandalo “Panama Papers”?

Di recente, l’argomento è tornato in auge anche grazie al film originale Netflix “Panama Papers” che vede come protagonista una grandiosa Maryl Streep. Scopriamo dunque i retroscena di uno degli scandali finanziari più rilevanti degli ultimi anni.

I “Papers” in questione sono documenti, divulgati nel 2016 da un informatore segreto attraverso un giornale tedesco, riguardanti una famosa società di Panama: la Mossack Fonseca. Il fascicolo contiene numerose informazioni riguardanti il periodo che va dal 1977 al 2015. Queste hanno fatto emergere numerose attività illecite effettuate da migliaia di società controllate da personaggi influenti a livello mondiale.

Vi starete chiedendo che cos’è la Mossack Fonseca, giusto?

Bene, abbiamo detto che è una società, ma non è una società qualsiasi, bensì una società di Panama (uno dei più importanti “paradisi fiscali”). I paradisi fiscali, per chi non lo sapesse, sono dei paesi nei quali: si possono trovare condizioni fiscali agevolate, il segreto bancario è molto forte e non vi è scambio di informazioni con le autorità tributarie di altri stati. La Mossack Fonseca ha sedi sparse in 42 paesi del globo di cui più della metà sono, ovviamente, “paradisi fiscali”.

I documenti che sono stati divulgati sono circa 11,5 milioni, quantità equivalente a 2,6 terabyte di informazioni. Si è trattato della fuga di notizie più grande della storia. In totale sono stati rubati i dati di 214.000 società e 14.000 clienti, tra i quali 143 politici (alcuni membri del parlamento britannico), il primo ministro islandese e altri undici capi di stato.

La società si è sempre difesa, affermando che non vi sia nulla di illegale nelle sue attività e che siano sempre stati effettuati tutti i controlli necessari per contrastare il riciclaggio di denaro. Inoltre, la stessa non ha mai rilasciato dichiarazioni alla stampa riguardanti i singoli clienti per non violare il rapporto fiduciario instaurato con essi.

Ma avere soldi nei “paradisi fiscali” possiamo definirla una pratica illegale?

Non sempre. In molti paesi, delocalizzare i soldi nei paradisi fiscali è possibile, ma solo nel caso in cui vengano dichiarati la quantità di denaro che si intende trasferire e le società che si vogliono, di conseguenza, far nascere. Tuttavia, questi paesi vengono utilizzati il più delle volte per scopi illeciti tra cui: evitare l’eccessiva tassazione del paese di origine, riciclare denaro e, infine, gestire pratiche di M&A, bancarotta e scambio di valuta attraverso legislazioni più “flessibili”.

La cosa che risulta più strana di questo scandalo è che, tra i nomi che sono emersi, non compaiono personalità di spicco del panorama americano. A seguito di questa evidenza, molti hanno iniziato a pensare che i mandanti di questa fuga di notizie potessero essere proprio gli U.S.A. La tesi è supportata dal fatto che uno dei politici coinvolti dallo scandalo è Vladimir Putin, acerrimo nemico degli States; tra i finanziatori della testata giornalistica tedesca che ha divulgato le informazioni vi è, inoltre, George Soros, finanziere molto vicino al paese a stelle e strisce. In conclusione, un ultimo punto a sostegno di questa argomentazione si può riassumere con una domanda: sapete che gli Stati Uniti d’America sono il più grande paradiso fiscale al mondo?

Carlo Luchino

Associato Area Consulenza

Mauro Campus