Perché un cattivo accordo è meglio di una buona sentenza

Il titolo di questo articolo avrà generato un senso di confusione e incredulità essendo conoscenza comune quella per cui se si vuole risolvere una controversia ci si deve rivolgere ad un giudice. Ebbene, non è così. 

Bisogna considerare che ottenere una sentenza favorevole dal giudice non implica necessariamente il soddisfacimento immediato della pretesa azionata per la quale, invece, bisognerà ottenerne l’esecuzione

Ma procediamo con ordine.

Il sistema giudiziario è da tempo in uno stato di paralisi tanto che non si esclude che le parti di un processo debbano attendere un numero non ben indentificato di anni per potere ottenere giustizia. Non sembra però corretto, arrestarsi alla superficie e abbandonare la possibilità di intentare una causa in tribunale solo per un’incertezza di questo tipo. 

Noncuranti della lentezza dei tempi della giustizia, ci rivolgiamo ad un avvocato. Il primo step è quello di verificare che la pretesa si regolata in maniera chiara e precisa da una norma. Non è sempre così. La legge, infatti, per poter essere uguale per tutti non può regolare ogni singolo caso della vita quotidiana. Ecco, quindi, che ha inizio un’attenta ricerca nella giurisprudenza per trovare la norma che fra le tante fa al caso nostro. Nulla esclude però che l’avversario non abbia abbastanza elementi da confutare la tesi.

Si è soliti dire: fatta la legge trovato l’inganno. 

Ipotizziamo allora di aver preparato la migliore difesa possibile e ci addentriamo nelle aule di tribunale per esporla al giudice. Lo scontro è cominciato e al termine di un lungo periodo otteniamo ragione. 

Siamo difronte alla situazione menzionata in partenza, abbiamo tra le mani un pezzo di carta nel quale il giudice condanna la controparte a soddisfare i nostri interessi. 

Il problema è adesso un altro, siamo sicuri che il debitore adempierà ai suoi doveri? Molto spesso manca la collaborazione della controparte e diventa allora necessario ricorrere all’esecuzione forzata dell’ufficiale giudiziario. Anche in questo contesto, non è detto che si riesca a ottenere ciò per cui si è combattuto. Un esempio efficace è quello in cui il debitore sia una società di capitali che potendo essere in fase di liquidazione, al termine della stessa, potrebbe non avere più nulla da dare. 

Ebbene, alla luce delle ragioni fin qui esposte la migliore via percorribile è quella della conclusione di un accordo bonario.

La mediazione è la sede di tale accordo. Le parti sono dinanzi ad un organo terzo neutrale che, proprio in ragione della sua estraneità, riesce a veicolare al meglio la comunicazione. A questo punto, le parti hanno la possibilità di superare il motivo del contendere e giungere alla formazione di un accordo vantaggioso per entrambe. 

Prediligere la mediazione, non significa rifiutare il conflitto bensì riconoscerlo e assecondarlo. Il mediatore gioca un ruolo fondamentale in questo perché permette alle parti di rendere note le proprie ragioni e di estrapolarne risultati positivi ad entrambe. 

Camilla Ambrosino,
Associato in prova area Legale.

Mauro Campus