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Made in Italy: le conseguenze del blocco dell’export verso la Russia

Dati i recenti sviluppi geopolitici mondiali, è ormai noto il voluto isolamento della Russia dal commercio internazionale. Ad oggi si discute perlopiù delle conseguenze dell’isolamento energetico e si parla poco delle numerose PMI italiane che vedevano nella Russia il principale acquirente di prodotti e merci Made in Italy.

Infatti, osservando la bilancia commerciale italiana e quella russa, notiamo che nel 2019, anno antecedente la pandemia, le importazioni russe in Italia hanno registrato un valore pari a 14 miliardi e 324 milioni di euro. Nonostante l’ingente cifra, l’Italia nello stesso anno ha esportato in Russia merci Made in Italy per un valore pari a 7 miliardi e 881 milioni di euro. 

Una cifra significativa per l’Italia, soprattutto se si considera che le principali merci esportate (sempre nel 2019) sono proprio le cosiddette 4A del Made in Italy: Abbigliamento (909 milioni di euro), Alimentari (346 milioni di euro), Arredamento (348,88 milioni di euro) e Automazione (2 miliardi e 204 milioni di euro). 

Basti pensare che, solo per ciò che riguarda l’arredamento Made in Italy, nel 2019 la Russia era l’ottavo Paese di destinazione.

Di conseguenza, dal momento che i rapporti commerciali con la Russia coinvolgono la maggioranza delle industrie italiane, è chiaro come l’impatto delle sanzioni avrà ripercussioni mai viste prima sull’export del Made in Italy. 

Basti pensare che solamente nel 2020, il settore calzaturiero marchigiano ha venduto a clienti russi merci per un ammontare totale di 84 milioni di euro e nel 2013, anno antecedente l’invasione della Crimea, questa cifra era molto più alta, attorno ai 295 milioni di euro. 

Un altro esempio è la Lombardia, dove i mobilifici della Brianza dichiarano una perdita del 25% nell’export: nei primi mesi del 2021 questo distretto industriale aveva esportato in Russia mobili per una cifra che si aggirava attorno ai 22,8 milioni di euro, pari al 24,4% del totale venduto all’estero. 

Un ultimo esempio, forse il più significativo, è quello del settore alimentare, che vede sfumare circa un miliardo di euro di esportazioni come registrato nel 2021. L’embargo colpisce numerosi prodotti dal Parmigiano Reggiano al Prosciutto di Parma, come anche frutta e verdura. 

Ora, a fronte di questi dati, gli effetti dell’embargo nell’Ex-Unione Sovietica che bisogna tenere in considerazione, e che potrebbero pregiudicare eventuali commerci futuri, sono principalmente due: da un lato, il fenomeno dell’ “Italian Sounding”, dall’altro la progressiva autarchia della Russia

Con “Italian Sounding” facciamo riferimento a “l’uso di immagini, brand e riferimenti geografici che richiamano l’Italia col fine di promuovere e mettere in commercio prodotti i quali, nella realtà dei fatti, non hanno origini italiane e non sono riconducibili al nostro Paese in alcun modo.”Il secondo rischio è quello di vedere la Russia rendersi autosufficiente nella produzione di prodotti che un tempo erano importati dall’Italia. Ad esempio, un’azienda russa operante nel settore dell’arredamento sicuramente trarrà beneficio dall’isolamento commerciale del proprio Paese e vedrà la domanda dei suoi prodotti aumentare. Inoltre, considerano le numerose contraffazioni del Made in Italy nel mondo e il ruolo chiave che la Cina ha in questo ambito, dal momento che la Cina non appare propensa al blocco del commercio con la Russia, anche marchi fake e prodotti contraffatti rischiano di proliferare nel Paese.

Maria Chiara Giudici, associata in prova Area Marketing

Giulia Monzali