

Giulio Andreotti è stato un importante esponente politico democristiano, 7 volte premier e 25 volte ministro, e parlamentare per 67 anni; i più lo ricordano per le sue frasi iconiche, come “Il potere logora chi non ce l’ha”, e per i processi che ha subito a cavallo tra il XX e il XXI secolo.
Con la sua carriera governativa durata più di quarant’anni, Andreotti ha avuto un decisivo impatto sulla politica economica nazionale.
Come primo incarico governativo, nel 1947 veste i panni di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: occupandosi di rilanciare l’industria cinematografica, interrotta dalla guerra, fin da subito si muove in maniera decisa. Se da una parte con lui aumentano gli investimenti cinematografici americani in Italia, infatti, allo stesso tempo le produzioni nazionali vengono incoraggiate – anche grazie ad una nuova tassa sul doppiaggio, con un conseguente boom dell’industria cinematografica.
Diventato nel 1955 Ministro delle Finanze, Andreotti continuerà a ricoprire tale carica per tre anni, nei governi di Segni e Zoli: impossibile dimenticare la sua lotta contro la grande evasione fiscale, in cui spicca la legge 27 giugno 1957, n. 464 contro il contrabbando di prodotti petroliferi.
Merito anche di queste mosse, l’Italia si avvia verso gli anni del boom economico, mentre Andreotti si vede impegnato prima come Ministro della Difesa nei governi in alleanza con il Partito Socialista, e poi, nel ’66, come Ministro dell’Industria, Commercio e Artigianato in due governi di Aldo Moro.
In questa veste, Andreotti pone molta attenzione al tema dell’energia nucleare: conscio degli inevitabili aumenti del prezzo del petrolio e dei conseguenti danni per l’economia, si occupa di rilanciare il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare, di cui fu presidente.
Gli anni ’70 vedono Andreotti alla guida di diversi governi: i primi due, tra il 1972 e il 1973, in cui si occupa di regolare le tv private e locali, successivamente altri tre, tra il 1976 e il 1979, negli anni del compromesso storico tra DC e PCI, culminati con il tragico assassinio di Aldo Moro.
Gli anni ’80 lo vedono come ministro degli Esteri, e qui Andreotti contribuisce decisivamente alla firma del trattato di Maastricht, uno dei pilastri dell’UE.
Tornato nel 1989 a capo del governo, subito ricompare la spinosa problematica delle televisioni private: l’approvazione della legge Mammì, volta a regolarizzarle, porta ad un rapido rimpasto di governo.
Il 7° governo Andreotti parte con quattro linee guida: Europa, risanamento della finanza pubblica, lotta a crimine e droga, valorizzazione delle autonomie locali, in un difficile contesto di politica internazionale.
In un suo intervento al convegno dei giovani industriali a Capri, Andreotti ribadisce il primato della politica rispetto ai tentativi di condizionamento della grande impresa; ma dal ’92, Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica metteranno fine a tutto quanto.
Benché la situazione politica fosse per molti aspetti drammatica, Andreotti riuscì ad affrontare il periodo di crisi economica vissuta attraverso rigorose manovre anti-inflazione e contenendo il costo del lavoro: l’inflazione e le ore di sciopero quasi si dimezzarono, e il risparmio bancario è quasi raddoppiò: Andreotti si porta alle spalle 45 anni di lavoro, che hanno contribuito a rilanciare l’Italia uscita sconfitta e distrutta dopo la guerra e a farla arrivare tra le prime 8 potenze del mondo intero.
Luca Junior Colangeli, associato in prova Area HR