

Con il termine, ormai di uso comune, Digital Transformation si intende l’intersecazione della rivoluzione tecnologica agli aspetti di vita quotidiana. Le nuove tecnologie stanno infatti cambiando con più o meno rapidità tutti i settori del mercato, rendendoci spettatori di un fenomeno in crescita.
La trasformazione digitale ha, tra i vari, coinvolto il settore sanitario: intelligenza artificiale, stampa 3D, IoT e Big Data sono solo alcune delle tecnologie disponibili sul mercato. Queste tecniche hanno portato non solo alla trasformazione ed all’innovazione dei modelli operativi in ambito clinico assistenziale, ma anche organizzativo e gestionale.
Tuttavia, l’implementazione dei modelli digitali nel settore health care si è dovuta scontrare con un business model tradizionale, soggetto a severe restrizioni ed un’attenta regolamentazione dei dati. Gli stakeholders del settore stanno cercando di colmare il divario tra l’attuale sistema sanitario e la domanda dei cittadini, i quali, abituati ormai alla velocità del mondo che ci circonda, si aspettano un servizio rapido e personalizzato.
La pandemia globale, dovuta alla diffusione del virus COVID-19, ci ha portato poi a riflettere sulla struttura del nostro sistema sanitario, sulla rapidità del processo di diagnosi e di cura dei pazienti e sull’accessibilità delle medicazioni necessarie.
Ma quale contributo può portare la digitalizzazione all’esperienza di cura dei cittadini? Nel 2019 la digital health era un mercato di 350 miliardi di dollari, 157 dei quali appartengono alla categoria “care delivery” (McKinsey, 2020). Della care delivery fanno parte le terapie digitali cognitive games e cognitive behavioural therapy, il monitoraggio delle condizioni di salute dei pazienti da remoto o le visite a distanza (telehealth). Ne sono un altro esempio le soluzioni di supply chain per l’approvvigionamento di materiali e rifornimenti medici.
Secondo i dati raccolti da una ricerca di Accenture sulle impressioni dei pazienti nei confronti dell’healthtech, si denota oggi un atteggiamento di apertura al progetto da parte di una cospicua maggioranza. Il ‘Covid-19 Consumer Health Experience Survey 2020’ ci mostra come il 58% dei pazienti intervistati sia effettivamente disposto a fare una visita a distanza, mentre il 74% è disponibile a fornire informazioni tramite chat online con personale sanitario.
È indubbio che l’healthtech si rivolge soprattutto alla Generazione Zeta: diversi studenti e giovani lavoratori beneficiano dell’installazione di app, quali Headspace e Sleepcycle, per praticare meditazione e monitorare il sonno. La moda si interseca ancora una volta all’informatica, e la vendita dell’Apple Watch ha dato vita ad una crescita della ricerca e dell’accesso ai dati sulla pressione e alle misurazioni del livello di ossigeno e del battito cardiaco.
Ben un caso su cinque, secondo le ricerche sopracitate, supera il pregiudizio del distacco e della spersonalizzazione del rapporto medico-paziente, considerandosi favorevole al trattamento: è ormai risaputo l’incremento dei casi affetti da depressione e da ansia patologica. Ed è proprio a queste categorie che la cura digitale si rivolge, permettendo loro di ricevere l’assistenza necessaria in quella che per molti rappresenta ben più che una zona ‘comfort’, bensì un rifugio dalle interazioni sociali. La tecnologia potrebbe dunque divenire un ulteriore strumento per migliorare il benessere di tutti e trasformare la nostra esperienza di cura.
Elisabetta Baldoin
Associata SeniorBusiness Development