

Una storia che sembra non finire mai, quella dell’Ilva di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa che da ormai sette anni è al centro del dibattito politico, giuridico e socio-economico italiano . La vicenda giudiziaria di questo gigante della produzione industriale, che oggi fa parte della società ArcelorMittal, inizia nel 2012 con il sequestro degli impianti per gravi violazioni ambientali. Tra le accuse maggiori, contestate ai vertici della allora Ilva S.p.A, spiccano quelle di disastro colposo e doloso, danneggiamento aggravato dei beni pubblici e omissione dolosa delle cautele per gli infortuni sul lavoro. Da quel momento, l’acciaieria è contesa tra provvedimenti giudiziari interdettivi della attività a tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e interventi del governo a salvaguardia della tutela occupazionale e della produzione industriale. Sono, infatti, più di 14mila i lavoratori il cui posto di lavoro sarebbe a rischio se l’Ilva venisse oggi chiusa, ma sono quasi 12mila i morti stimati soprattutto per malattie cardiovascolari e respiratorie causate dall’inquinamento degli impianti. Da questa vicenda è possibile trarre molteplici spunti di riflessione, al fine di approfondire le complesse tematiche che abbracciano i diritti costituzionali coinvolti: il diritto alla salute, alla tutela ambientale, al lavoro e all’iniziativa economica.
Da un’analisi preliminare emerge che il problema giuridico non è “del tutto italiano”. Infatti, i riflessi provenienti dall’ordinamento sovranazionale hanno determinato alcuni dei principali orientamenti giudiziari e legislativi degli ultimi anni. Gli articoli 34 e 35 TFUE vietano le restrizioni alla libera circolazione tra gli stati membri, ma l’articolo 36 lascia impregiudicate le limitazioni che trovano una scusante in “motivi di [..] tutela della salute e della vita delle persone, […] di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale […].”. In altre parole, le restrizioni possono essere ammesse anche per ragioni di tutela della salute e dell’ambiente purché, precisa la norma, nel rispetto del principio di proporzionalità. In virtù dell’articolo 117 Cost., questi principi sono vincolanti anche per l’ordinamento giuridico italiano. In Costituzione, il punto di partenza è l’articolo 41 che tutela la libertà di iniziativa economica privata che, ciò nonostante, non è definita come inviolabile, trovando un preciso limite nel rispetto della dignità umana. Quest’ultima non trova, nella Carta fondamentale, un articolo che la tuteli espressamente; tuttavia, è stata riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale come valore fondativo di ogni altro diritto, in quanto implicitamente tutelata, attraverso varie declinazioni, da numerosi articoli costituzionali. In tal caso, il riferimento è all’articolo 32 (tutela della salute e, implicitamente, dell’ambiente salubre) e 35 (tutela del lavoro). Dal momento che questi limiti alla libertà di iniziativa economica privata sono diritti parimenti fondamentali, quale di essi bisognerebbe far prevalere nella vicenda Ilva? Considerata la complessità delle tematiche e le poste in gioco, risposte sicure non possono esservi e, probabilmente, non ve ne saranno ancora per molto tempo.
Sofia Lo Presti
Associata area Area legale